Scalea da Nord è guadata dalla
torre di guardia del castello, conosciuta come Torre di Giuda. All'inizio del
sec. XVII il guardiano della torre di guardia non avvertì il castello della
presenza dei corsari. I corsari attaccarono Scalea, che colta impreparata fu
presa. Scalea, dopo aver subito il saccheggio riuscì, dopo aspra lotta, a
respingere i saraceni.
Dopo la battaglia il guardiano
traditore , cercato e preso, fu impiccato ad un albero. Da allora la torre di
guardia del castello fu detta Torre di Giuda. Questa però è la
versione popolare. Gli storici danno altre spiegazioni sul nome della Torre.
Alcuni sostengono che la torre fu detta di Giuda perché era vicino al
ghetto degli Ebrei. Infatti nei secoli scorsi le poche case che sorgevano
all'inizio della piana della petrosa, poco più in alto della torre,
furono adibite ad olivi. Poi alla fine del secolo scorso, furono distrutte per
far posto alla costruzione dell'attuale Faro. Le torri di guardia all'epoca ,
venivano erette per motivi di difesa. Dovevano ovviamente, rispondere a
particolari esigenze. Dalla Torre doveva essere, cioè, facile l'avvistamento e
la comunicazione con il Castello. Anche la Torre di Giuda possedeva questi
requisiti. Infatti dalla Torre si dominava la baia. Inoltre dal Castello si
sentiva distintamente la voce di chi parlava vicino ad un muro della Torre. E
dalla Torre si sentiva la voce di chi parlava dalla torre d'angolo nord del
Castello
Le grotte dello scoglio di Torre Talao furono abitate dagli uomini della preistoria 40.000 anni fa. Lo scoglio di Torre Talao vide il passaggio di Enea e di Ulisse. Nei pressi morì il compagno di Ulisse Dracone.
A ricordo dell'amico del re di Itaca sorse un oracolo. Tempo dopo l'oracolo predisse:"presso Dracone Lajo molto popolo sarà per perire". Infatti nel 389 a.C. avvenne, nella piana del Lao lo scontro tra Lucani contro Laini e Thurini. Nella battaglia,una delle più terribili dell'antichità , persero la vita oltre 10.000 uomini tra fanti e cavalieri.
Torre Talao fu costruita nel sec. XVI. Faceva parte del sistema difensivo costiero, contro le incursioni dei turchi, voluto da Carlo V. Il sistema difensivo fu suggerito a Carlo V da don Pedro di Toledo, viceré del Regno di Napoli nel 1573. Il sistema difensivo costiero comprendeva 337 torri una in vista dell'altra. Torre Talao venne costruita a carico della gente del posto. Ogni cittadino dovette contribuire all'edificazione della Torre o con una somma in denaro o con la prestazione gratuita secondo le proprie capacità.
Verso la fine del sec. XVII Torre Talao venne privata dai suoi cannoni, in precedenza sistemati per la difesa della costa.
All'inizio del nostro secolo il proprietario del tempo, Del Giudice, imbottigliò l'acqua solfurea della sorgente alla base dello scoglio di Torre Talao, e la mise in commercio con notevole successo: Negli stessi anni soggiornò più volte nella Torre, ospite del proprietario del tempo Armentano, il maestro Enrico Toselli,principessa Luisa D'Asburgo-Lorena, ex regina di Sassonia.
L'abate Pacicchelli erudito giramondo e scrittore nella sua visita a Scalea annotò di aver visto, tra l'altro, la "taverna", e la chiusura a sera delle porte di accesso al paese. Le porte, inoltre, venivano chiuse di giorno solo in caso di pericolo.
La "taverna"era un locale di vendita. In quegli anni a nessuno del posto o forestiero era permesso esercitare il commercio di generi alimentari senza il permesso del feudatario. La popolazione era costretta a comperare i generi di prima necessità presso il tavernaro. Questi era il gestore della taverna di proprietà del barone. Oggi delle caratteristiche delle 4 porte si conservano quelle di porta Marina e, parzialmente, delle porte del Castello e di Cimalonga. Nei muri di difesa vicino alle porte, inoltre, si notano le feritoie attraverso cui si sparava con i cannoni.
Da un'imbarcazione dei fuggiaschi partì un colpo di archibugio che colpì mortalmente il principe di Scalea.
Il principe morì sulla spiaggia tra la commozione dei sudditi. Gli Spinelli erano feudatari di Scalea dal 1526. In quell'anno Ferrante Spinelli, duca di Castrovillari, aveva sposato in seconde nozze Isabella Caracciolo, erede del feudo di Scalea. Ferrante Spinelli in prime nozze aveva sposato Diana Acquavìva d'Aragona. Dal matrimonio nacque Giovanni Battista che ereditato il feudo di Castrovillari sposò Isabella figlia del viceré don Pedro di Toledo. Dal matrimonio di Ferrante Spinelli con Isabella Caracciolo nacque Troiano che prese il titolo di principe di Scalea nel 1566. Il secondo principe di Scalea fu Ferdinando. Sotto il loro governo furono portati a termine i lavori di ampliamento della loro dimora, già dei Romano e del duca Sanseverino, che prese l'aspetto attuale ed il nome Palazzo dei Principi. Il palazzo rimase di proprietà della famiglia Spinelli fin dopo la fine della feudalità. Poi il palazzo fu venduto dagli eredi Spinelli agli attuali proprietari. Prima degli Spinelli il feudo di Scalea appartenne a partire dal sec. XIV alle famiglie Sanseverino, Caracciolo, Pascale, Milano, Sanseverino conte di Capaccio. Nel 1451 Francesco Sanseverino fu sottoposto a giudizio da parte del rè. Si era opposto all'ordine di reclutare uomini per l'esercito regio nel feudo di Scalea. Processato fu condannato. Morì subito dopo.
Le terre di Scalea furono confermate alla sua vedova.
Nel 1496 il feudatario di Scalea Guglielmo Sanseverino, conte di Capaccio, perse il feudo per ribellione al rè Federico d'Ara-gona. Il conte, tempo prima, aveva preso parte alla fallita congiura dei baroni contro il rè. Nel 1546 Isabella Caracciolo chiese alla corte l'autorizzazione di spedire dal suo feudo di Scalea a Napoli, 500 tomoli di grano, 500 di orzo, 50 di miglio e 20 botti di vino.
Nel 1574 il principe di Scalea acquistò "le seconde cause" per 5 ducati "a fuoco",
Nel 1586 il "Tavolano" di Scalea, Mercurio Manco denunziò che i suoi concittadini erano ammalati "con mal colorito in faccia",
Nel 1587 erano attivi a Scalea 3 dottori in legge, 2 medici, 3 notai, 3 giudici, 1 speziale e 1 uomo d'armi. Secondo alcuni documenti dell'epoca tutti gli altri, 1.000 abitanti circa, vivevano in questi anni, delle loro varie attività per cui non si registrava alcun povero.
Alla fine del sec. XVIII il figlio del Principe di Scalea doveva sposare la figlia del marchese Serra alla cui mano aspirava anche il Principe di Cariati. Questi tramò più del lecito per eliminare il rivale. La Corte di Vienna promosse un'inchiesta. Il Principe di Cariati e la marchesa Serra furono riconosciuti colpevoli di aver tentato l'uccisione, con il veleno, del Principe di Scalea.
Nello stesso periodo gli abitanti di Scalea chiesero al feudatario l'abolizione delle tasse sull'ancoraggio, il falancaggio, sul pescato, sulle carni macellate e sulla raccolta dei frutti della terra.
Le Chiese
Nella
II metà del secolo scorso fu edificata la chiesa della Madonna del Lauro. Fu
costruita all'estrema periferia di allora del paese, attaccata al muro di cinta
del secondo cimitero di Scalea. Il cimitero in seguito fu trasferito altrove e
sul posto fu edificato l'attuale palazzo dell'istituto di suore "Madre
Maria Clarac".
Le prime strutture risalgono all'VIII sec. La chiesa ha nell'abside resti di costruzione gotiche e nella parte inferiore la cripta dell'Addolorata, con volte a crociera rette da colonne. La cripta è dotata di statue e coro lignei del sec. XVII donati dal principe di Scalea. Inoltre all'entrata della cripta una lapide ricorda che lì riposano le ossa del filosofo Gregorio Caloprese morto nel 1715 all'età di 61 anni. Al di sotto della cripta si conserva un imponente ossario. Il sotterraneo della chiesa per secoli è stato l'unico luogo di sepoltura per gli abitanti della parte bassa del paese. Solo in caso di epidemie la sepoltura avveniva altrove. Nella chiesa di S. Nicola in una tomba monumentale è sepolto anche Ademaro Romano, grande ammiraglio della flotta angioina, nato a Scalea e morto nel 1344. Il sepolcro, opera della scuola di Tino da Camaino, si trova nella cappella di S. Caterina. Nella stessa cappella si conserva una bifora di architettura medioevale, che faceva parte del cenotafio fatto erigere da Roberto "il saggio" in onore di Ruggiero di Lauria. Il monumento funerario andò distrutto durante il terremoto del 1683 che colpì la Calabria settentrionale.
Verso la metà del sec. XIV si ebbe un ampliamento della chiesa come fa pensare un'indulgenza del 1345 di papa Clemente VI. Le indulgenze, infatti, erano concesse, allora, a chi contribuiva alla costruzione o ampliamento di chiese. Verso la metà del sec. XV la chiesa fu ancora restaurata. Per questo motivo il vescovo Soare ottenne una particolare indulgenza dal papa Callisto III, con la bolla del 18 novembre 1455. Dopo gli ampliamenti e restauri la chiesa diventò uno dei più significativi monumenti quattrocenteschi.
Nel 1510 la chiesa di San Nicola fu elevata ad arcipretura della diocesi di Cassano.
Nella metà del sec. XVI la chiesa di S. Nicola subì il saccheggio degli uomini del Saraceno Dragut. I saraceni aprirono il sarcofago, danneggiandolo, di Ademaro Romano e rubarono la spada del defunto. Portarono via inoltre una campana d'argento e dopo aver preso altri oggetti sacri di valore raggiunsero le altre imbarcazioni. L'imbarcazione su cui si trovava la campana d'argento rubata naufragò sugli scogli della "Giumenta", prima di superare Capo Scalea. La nave e la campana d'argento finirono così in fondo al mare. Una delicata tradizione vuole che il giorno di S. Nicola, il 6 dicembre, la campana suoni dal fondo del mare. Però la possono sentire solamente i puri e gli innamorati. Nel sec. XVIII un incendio distrusse l'archivio parrocchiale di S. Nicola di Platea, d'inestimabile valore storico. In seguito alle strutture della chiesa furono apportati sostanziali rifacimenti.
Nel corso dell'ultima guerra, nell'agosto del 1943, una cannonata della flotta anglo-americana distrusse la parte alta dell'antico campanile costruito in tufo, e la secolare campana grande. A causa dello stesso bombardamento aereo-navale andarono distrutti l'antichissimo organo a canne e una fonte battesimale in marmo, pregevoli opere del sec. XVII.
Verso il 1947 fu costruito il campanile e "intonacato" tutta la chiesa, che perse così l'antico, suggestivo, originario aspetto.
"LA CHIESA DI SOPRA"
Nella parte del centro storico svetta il campanile della chiesa di Sopra, dedicata a S. Maria d'Episcopio. Il suono delle campane della chiesa di Sopra, per secoli, ha accompagnato il ritmo degli avvenimenti più importanti degli abitanti di Scalea.
La chiesa, meglio conosciuta come "Madonna del Carmine", è ricca di monumenti e opere d'arte. La Madonna del Carmine è la patrona di Scalea e si festeggia il 15 e 16 luglio di ogni anno.La mattina del 16 luglio il sindaco, a nome della cittadinanza, offre un "cero"Votivo alla Madonna. Il giorno della festa La statua della Madonna è portata in processione per le vie principali del paese. Partecipano alla processione donne con le "cinte" portate sul capo. La cinta è formata da un telaio in legno, riccamente addobbata, predisposta per reggere i ceri votivi.
La Madonna del Carmine fu proclamata patrona e protettrice di Scalea il 7 marzo del 1875, dopo un'epidemia di colera. La confraternita carmelitana era stata fondata già nel 1806. L'anno dopo ebbe l'indulgenza del papa Paolo V con bolla del 1° aprile.
In occasione del centenario della proclamazione il popolo di Scalea offrì alla Madonna una corona d'oro. L'oro offerto dalla popolazione fu fuso in piazza vecchia, all'aperto, presenti tutti i fedeli, con una particolare cerimonia. Il primo nucleo della chiesa Madonna del Carmine risale all'VIII sec. Periodo questo di maggiore attività dei monaci Basiliani nella zona, conosciuta con il nome di Mercurion.
In questi anni la chiesa fu anche sede episcopale o almeno di corepiscopi, gli ausiliari dei vescovi. In questa epoca, infatti, la chiesa, già dedicata a S. Maria Annunziata, prese il nome di S. Maria d'Episcopio: Inoltre vicino alla chiesa resta un edificio signorile, con pseudo loggiato normanno, che per tradizione è indicato come il "palazzo del Vescovo".
In epoca normanna la Chiesa fu notevolmente ingrandita e affidata ai Benedettini di Cava dei Tirreni che la possedettero dal 1149 al 11452. Questo perché con l'avvento dei normanni le chiese di rito bizantino dovettero latinizzarsi. Molti monasteri greci, pertanto, furono affidati ai monasteri latini. Il superbo finestrone absidale della chiesa è appunto una testimonianza di questo periodo.
La chiesa nel 1554 subì il saccheggio dei saraceni di Dragut. Anni dopo fu ampliata e abbellita. Altri rifacimenti sostanziali furono apportati alle strutture della chiesa nei secoli XVIII e XIX.
Nel 1971 un fulmine ha distrutto l'orologio del campanile installato nel 1921 in sostituzione di uno più antico. Nel 1976 sono iniziati nella Chiesa